Citomegalovirus in gravidanza: rischi, diagnosi, prevenzione
Quali sono i rischi correlati a un’infezione da citomegalovirus in gravidanza? Ecco come viene effettuata la diagnosi e come si può prevenire questa infezione.
L’infezione da Cytomegalovirus (CMV) è un evento relativamente frequente in gravidanza, non curabile. Assume importanza perchè purtroppo è possibile causa di problemi anche gravi per i neonati contagiati, con sequele che vanno dalla morte neonatale al ritardo mentale e sordità congenita.
Il Citomegalovirus è il responsabile della maggior parte delle infezioni congenite nel mondo. Il rischio di una infezione primaria (cioè contratta per la prima volta) in gravidanza è del l’1% .
La diagnosi di questa infezione, di per sè talmente poco apparente da passare inosservata o essere confusa con una forma parainfluenzale, si pone tramite l’interpretazione del dosaggio degli anticorpi materni anti CMV:
- se sia quelli della classe IG G che quelli IG M sono negativi, il soggetto non ha mai contratto l’infezione (soggetto recettivo);
- se sono positive solo le IG G, il soggetto ha contratto l’infezione da oltre 3 mesi. Quindi, se l’esame è fatto a inizio gravidanza, esclude il rischio di successiva infezione primaria;
- se sono positive solo le IG M, il soggetto dovrebbe aver contratto l’infezione negli ultimi 2 mesi;
- se sono positive sia le IG M che le IG G, si deve fare il dosaggio dell’ “avidità delle IG G”. Se superiore a 80, l’infezione data oltre 3 mesi, se inferiore a 20 l’infezione data meno di 3 mesi, per valori intermedi il dato non è dirimente.
Citomegalovirus in gravidanza: quali sono i rischi per il feto
Esiste poi la possibilità di dosare il DNA virale nel sangue materno. L’infezione primaria da Citomegalovirus ha un tasso di trasmissione verticale dalla gestante al feto del 40%. Come per le altre malattie infettive in gravidanza, i rischi maggiori per il feto si hanno nelle trasmissioni del I trimestre.
Dei casi di infezione congenita (ossia acquisita prima della nascita), l’85% è asintomatico e di questi il 90% resterà senza problemi. Gli altri potranno sviluppare anomalie rilevabili solo dopo molto tempo, come quelle a carico dell’udito. Il 15% sintomatico svilupperà i danni dell’infezione congenita del neonato: una metà in forma severa (di questi un terzo muore e due terzi avrà ritardo mentale e paralisi cerebrale) e l’altra metà in forma lieve (di questi il 70% resterà senza problemi, gli altri potranno sviluppare anomalie rilevabili solo dopo molto tempo, come quelle a carico dell’udito).
Avere già all’inizio della gravidanza anticorpi IgG anti cytomegalovirus significherebbe che vi è protezione, purtroppo non assoluta, ma tale da ridurre l’infezione congenita dal 40% allo 0,5-1%, con un rischio di sequele non più del 15%, ma solo dello 0,02-0,3%.
In caso di infezione primaria nel I trimestre di gravidanza, si propone l’amniocentesi nel secondo trimestre con ricerca dell’infezione tramite la metodica PCR nel liquido amniotico. Per avere un dato attendibile occorre attendere almeno 8 settimane dal momento dell’infezione all’amniocentesi, che quindi non viene proposta a 16 settimane, ma a 19-21 settimane. Questo però ci serve solo per sapere se c’è stato il passaggio del Citomegalovirus nel compartimento fetale, ma se così è stato, non ci dice se ci sono malformazioni.
L’ecografia in questo caso non è di molto aiuto: il segno ecografico da ricercare è rappresentato dalle calcificazioni periventricolari nel cervello. Alla nascita, il neonato affetto viene trattato con antivirale prima endovena, poi per os.
Ricapitolando, su 100.000 gestanti si dovranno attendere 1.000 infezioni primarie e 400 infezioni congenite, da cui 10 morti neonatali, 20 ritardi mentali/paralisi cerebrale, 40 sequele rilevabili nel follow-up a lungo termine, in particolare a carico dell’udito, quindi in caso di sieroconversione in gravidanza il rischio cumulativo di problemi fetali/neonatali è del 7 %.
Citomegalovirus in gravidanza: come si può fare prevenzione
La prevenzione dell’infezione è difficile. Le fonti di contagio sono i bimbi in età prescolare, specie quelli sotto i 3 anni che frequentano gli asili nido. Le donne non immuni dovrebbero adottare le seguenti norme igieniche:
- non baciare bimbi piccoli su labbra o guance;
- non scambiare con loro cibo, bevande, posate, oggetti contaminati da saliva (succhiotto, spazzolino da denti, tovagliolo);
- lavare le mani con acqua e sapone dopo il contatto con saliva, urine o pannolini dei bimbi;
- lavare frequentemente con acqua e sapone giocattoli e oggetti (ad esempio il seggiolone), che possono essere venuti a contatto con la loro saliva.
Articoli recenti
Categorie
- Ginecologia (16)
- Ostetricia (15)
- Otorinolaringoiatria (1)
- Pediatria (6)
- Psicologia (1)